Otosclerosi

Che cos’è l’otosclerosi?

L’otosclerosi è una malattia familiare “a penetranza incompleta” (colpisce cioè solamente alcuni membri di una famiglia) non infiammatoria localizzata nella capsula ossea labirintica.

Il paziente più famoso è stato Beethoven, la cui sordità gli impedì di sentire le sue ultime composizioni.

Incidenza

Nel mondo occidentale rappresenta la prima causa di sordità ipoacusia acquisita(0,5-1,2% della popolazione caucasica).

L’otosclerosi colpisce soprattutto le persone di sesso femminile (rapporto 2/1), con un’età compresa tra i 20 e i 40 anni.

Rara nei giovani e difficilmente insorge dopo i 60 anni.

L’otosclerosi è una malattia presente presso le popolazioni del bacino mediterraneo. Non si conosce la causa di questa localizzazione.

Infrequente invece nell’estremo oriente e nell’Africa Sub-Sahariana.

La malattia è per lo più bilaterale (70-80% dei casi).

Fisiopatologia

Il suono viene normalmente trasmesso dalla staffa all’orecchio interno.

Nel caso della otosclerosi questa funzione è danneggiata.

Nell’otosclerosi si assiste ad una crescita microscopica di piccole isole di tessuto osseo spugnoso attorno alla platina della staffa; tale neoformazione ossea ostacola i normali movimenti della platina e dalla ipomotilità che ne deriva si genera l’ipoacusia.

Talora il continuo rimaneggiamento del nuovo osso produce dei detriti metabolici che determinano modificazioni della composizione dell’endolinfa e della perilinfa determinando nel tempo anche una disfunzione del corretto funzionamento delle cellule ciliate.

Anatomia patologica

A seconda della localizzazione vengono identificati tre tipi di otosclerosi:

  1. otosclerosi stapediale: “blocco” della staffa senza interessamento della coclea;
  2. otosclerosi mista: “blocco” stapediale con interessamento della coclea;
  3. otosclerosi cocleare: con sordità dovuta prevalentemente ad una sofferenza della coclea; lo sviluppo di osso otosclerotico verso il labirinto determina alterazioni delle cellule nervose acustiche e vestibolari, il cui meccanismo di generazione è tuttora poco chiaro.

Eziologia

La causa dell’otosclerosi è ancora sconosciuta.

Il meccanismo sembra essere multifattoriale sia su base ereditaria che su base ormonale-metabolica. È stata riscontrata l’influenza di particolari fattori di tipo ormonale, autoimmune o infettivo.

Anche il virus del morbillo è considerato una della potenziali cause.

Evoluzione

La progressività del sintomo è irregolare e i peggioramenti sono legati a vari fattori, come i mutamenti ormonali della gravidanza, l’allattamento o la menopausa.

Quali sono i sintomi dell’otosclerosi?

  • Ipoacusia dovuta al blocco del movimento della staffa.
    Può essere di tipo trasmissivo (80% dei casi), misto (15%) o neurosensoriale puro (5%).
    Inizialmente colpisce le frequenze gravi (250-500-1000 Hz) e nel tempo tende a progredire interessando anche le altre frequenze.
    Le orecchie sono colpite con gravità diversa.
    Alcuni pazienti riferiscono di sentire meglio negli ambienti rumorosi.
  • Acufeni presenti nell’80% dei paziente affetti da malattia.
  • Vertigini meno frequenti rispetto ad ipoacusia e acufeni, sono più tipiche nelle fasi avanzate di malattia.

Diagnosi

Esame audiometrico: ipoacusia trasmissiva progressiva che nel tempo tende a diventare mista e talora neurosensoriale.

Impedenzometria: evidenza l’aumentata rigidità del sistema con timpanogramma di tipo A di ampiezza ridotta ed assenza dei riflessi stapediali sia per stimolazione sia ipsilaterale che controlaterale.

Se la staffa è ipomobile o completamente fissa, la deflessione del tracciato non sarà evidenziabile evocabile nell’orecchio malato.

Se la mobilità della staffa è ridotta ma non è fissa, si ottiene il cosiddetto riflesso on-off, che consiste in una doppia deflessione negativa, corrispondente ad una brusca diminuzione di impedenza all’inizio e alla fine dello stimolo sonoro.

TAC senza contrasto è raramente indicato.

L’esame radiologico è utilizzato solo rari casi di ipoacusia neurosensoriale per dimostrare un eventuale interessamento cocleare del focolaio otosclerotico.

Terapia

Ad oggi non sono note misure che possano prevenire la comparsa dell’otosclerosi.

L’otosclerosi può essere curata solo con un intervento chirurgico.

Va eseguito quando l’ipoacusia raggiunge una perdita di 40-50 dB (a questo livello infatti compromette in maniera significativa la comunicazione).

Le possibilità di guarigione sono piuttosto elevate: dopo l’operazione infatti il potere uditivo migliora in più del 90% dei pazienti affetti da otosclerosi e in circa la metà dei casi scompare l’acufene.

Viene impiegata soprattutto la Stapecectomia. È un più delicato intervento microchirurgico sull’orecchio medio.

Con l’ausilio del microscopio operatorio la membrana timpanica viene spostata in avanti,se necessario si esegue una atticotomia per avere una visuale migliore sulla nicchia della finestra ovale.

Con una microfresa o con un ago, o ancora meglio, con un raggio laser, si pratica un piccolo foro di 0,5 mm di diametro nella parte basale della staffa (platina).
Si misura e modella una protesi in teflon che viene inserita nel forellino precedentemente eseguito ed agganciata all’incudine.

A questo punto la parte superiore della staffa (sovrastruttura) viene rimossa.

La protesi inserita contribuisce a ritrasmettere le vibrazioni dalla catena degli ossicini direttamente all’orecchio interno migliorando nettamente la situazione uditiva.

L’intervento ha una percentuale di successo del 95-97%, è mirato esclusivamente alla risoluzione della sordità, mentre non vi è alcun tipo di garanzia per quanto riguarda gli acufeni, anche se questi migliorano in una buona percentuale di casi.

L’intervento chirurgico viene eseguito generalmente in anestesia locale, dura solitamente meno di un’ora, non lascia cicatrici visibili e richiede una breve convalescenza.

Nelle forme di otosclerosi cocleare l’intervento è controindicato.

Rischi legati all’intervento di stapecectomia

Nella maggior parte dei casi (97%) il paziente, dopo l’intervento, recupera interamente l’udito.

Nel 2% dei casi l’udito viene recuperato solo parzialmente.

Nell’1% dei casi l’udito non viene recuperato o addirittura (rarissimo) può peggiorare o essere perso.

Altri rischi dell’intervento di stapedotomia, sia pur molto rari, possono essere:

  • perforazione della membrana timpanica (che può però essere riparata durante lo stesso intervento);
  • infezione post-operatoria, per la quale è necessario una terapia antibiotica;
  • raramente può presentarsi una paralisi del nervo facciale a distanza di qualche giorno. In questo caso si risolve con terapia antinfiammatoria nel giro di alcune settimane;
  • ancora più rara è la paralisi del nervo facciale dopo l’intervento.

Le terapie farmacologiche:  floruro di sodio in associazione con la vitamina D e con il Calcio ha mostrato uno scarso successo.